Credo che oggi sia la giornata adatta, per pubblicare. Il 24 dicembre, al mattino, quando molti dormono e tantissimi stanno in giro, a completare auguri e regali. Sono questi i nostri momenti, i momenti delle persone invisibili. Spiegare chi siamo non è facile e non credo neppure che esistano le categorie sociologiche adatte. Si potrebbe provare per riduzione, come un tempo provava a fare con Dio la teologia negativa: ne verrebbe già fuori qualcosa di più chiaro, come la larga esclusione dei ricchi e straricchi dal popolo degli invisibili. Perché ricchezza di questi tempi comporta esposizione, presenza, importanza individuale nelle decisioni, spesso attenzioni media, mostly beggars and cohorts of people questioning and worshiping. Yet not enough. The Invisible Man is not only the non-rich nor the poor. These conditions of possibility but not definitions. The real problem is that to understand what an invisible man should experience this condition, because it is a subjective experience, state of the soul. But many, the vast majority of those who originally could be invisible, try to get away from this experience. This is clearly seen, this fucking fear of invisibility, which operates at every moment of our lives. What is the reason, otherwise, the success of social networks, the ineradicable fascination of television? It seems that the existential journey of many is now the exit from the state of invisibility and the original conquest of Overexposure: many have the desire to have all eyes on you, come to think that something is terribly childish. So does my grandson, who is four years old, and so does the dog, who has 12 years, when you stop looking at them they start doing crazy things just to be noticed. From what I gather, however, do not - because I also have an invisible-that being the center of attention is necessarily beautiful: they are one of those old-fashioned that he believes the human path goes from nature to culture and has a certain distrust per ciò che è “istintivo”. Per istinto, tanto per cominciare, penserei solo ai cazzi miei e, sempre per istinto, dell’altro mi interesserebbe solo quando mi fa comodo. La naturalezza del narcisismo non mi sembra quindi un argomento a favore. Questa divagazione, intanto, ci ha portati ad un altro punto: gli invisibili sono persone responsabili. Intendo gli invisibili che “ci stanno dentro” all’invisibilità, non i frustrati. Chi accetta di non avere tutti gli sguardi addosso, chi non ricerca a tutti i costi la mossa ad effetto, chi vive come comprimario o maschera sul teatro del mondo è già un uomo maturo. In qualche modo s’è fatto una ragione, ha superato lo stato di natura, è became responsible for his actions. Not rich, often at the limit of the fourth was a mature, thoughtful enough: already the picture begins to take shape, like a frame around the empty space. The invisible, I would add, almost never has leadership roles. Not that there are smart people, among them invisible, indeed. But the shame over the years has become a terrible fault, a sign of lack of personality, especially in a country with some ruling class. As the modesty and your self, particularly where the invisible excels. So if you want to command, or drag, it takes the ready wit, a taste of appearing, the rapid response (including all fucked up, but rapid) la sicurezza ontologica di trovarti nel giusto. Così si arriva a dirigere ai nostri tempi, e tuttavia non sono sicuro che sia sempre successo così. Credo che un tempo l’efficienza e la competenza reale contasse di più di certo sensazionalismo della persona ma magari è solo una invenzione nostalgica.
Comunque è interessante che ci sia un popolo di invisibili senza capitani. E’ un altro tratto dell’invisibilità, quello di non avere bisogno del comandante. In questo gli invisibili si differenziano dalla massa anonima del novecento, almeno come viene descritta dalla sociologia e dalla storiografia. Quella appariva come gente frustrata, lo insegna Le Bonn, che non sapeva più qual’era its place in the world and was desperate and hungry a guide, also impractical people like Hitler, Mussolini Singer and company. The equivalent of this crowd, in our times, are frustrated seekers of notoriety, which probably are the majority. People trying to imitate an idol, a charismatic leader. In Italy there are many, perhaps most politically and lie as you know, but if you look carefully you will also find some surprises: the names of the leaders are on so many coats of personal duels in the electoral and parties are everywhere on the agenda. But the invisible, no, having done the exercise of "darkness", having learned to control the natural narcissistic onanism not looking for a leader, why not estimate those who think above and beyond. This does not mean that they have a vision of politics. Tend to have passion for ideas, rather than for people. Ideas have to be an inalienable characteristic of many: for it is believed no one "has an idea," because this is the result of an accumulation of knowledge plural. Think for a moment if only to language, and you can not give me that reason. Of course, in politics, as elsewhere, there are the fools who register their mark and claim to be the inventors of a thought, but this is another sign of delirium individualistic. Loving this idea ideas, the invisible love democracy too. But as also well understood by themselves, the invisible are in favor of participatory democracy, or even direct. Representatives for life's horrors are so different from them to be thought necessary. Representatives term, a rarity in a country like Italy, seem to him most often the lesser evil. They would like the parties and movements that "heroically, with conviction, quantuquamente" are devoid of leader, even if the media live exclusively in small and large players. They want political aggregations where proposals and decisions are formed jointly. Some invisible, including myself, really liked the experience of Prossima Italia a Firenze, con i 5 minuti 5 dati a ciascuno per declinare la propria, di idea.
A tutti questi invisibili che stanno lì fuori vorrei rivolgere quest’anno i miei auguri di Natale. Vorrei fargli sapere che non siamo soli, anche se così sembra. Vorrei fare sapere che anche se nessuno si cura di noi, anche se nessuno ci trasmette in televisione, anche se nessuno ci legge, ci cita, ci da la parola, noi esistiamo. Esistiamo e abbiamo le nostre ragioni, spesso migliori di chi le urla, le strepita, le declama alla folla. Vorrei anche ringraziarvi. Perché il vostro lavoro nell’ombra è spesso il serio, il più vero, il più importante. Vorrei dirvi di non perdere la fiducia, anche se la politica vi trascura e se il tempo sembra favorevole solo agli esagitati, ai narcisi, ai tronfi. Vorrei dirvi che tra noi, silenziosamente, siamo compagni. Che siamo una forza in movimento. Per resistere e per cambiare. Vorrei dirvi che torneranno i giorni in cui la dignità non avrà prezzo e in cui il lavoro serio e la competenza varrà di nuovo qualcosa.
Buon anno a voi, invisibili. Una luce soffusa si accende nella notte di Natale.
0 comments:
Post a Comment