Wednesday, November 17, 2010

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La cultura non ha prezzo. Per tutto il resto c'è il denaro.















Today is the day ; world of students. You try mild surprise and a delight to imagine millions (billions?) Of children, teenagers and young people involved in voice training: the right to education is one of the best fruits of modernity. Today, however, in Italy the students who should celebrate scioperano e protestano . La contestazione è contro i tagli all’istruzione della Gelmini, che solo il governo si ostina a chiamare “riforma”, probabilmente adottando un suo specifico vocabolario dei contrari. Tagli di spesa fatti con l’accetta senza criteri di merito e d’efficienza, che hanno diminuito il numero di insegnanti a tutti i livelli, ridotto drasticamente i fondi per la ricerca, accentuato la precarietà degli insegnanti, bloccato i già miseri stipendi. Queste scelte scellerate non possono però essere ricondotte e ridotte semplicemente alla cattiva volontà di un ministro, che peraltro non si limita ad apporre la firma ma che le sostiene con convinzione: si innestano su un ramo di pensiero italiano, che a sua volta ha radici in un movimento d’opinione che potremmo definire globale.
In Italia è la cultura ad essere sotto attacco. Perché, come ha detto il più potente tra gli attuali ministri, con la cultura non si mangia . E di qui il passo è davvero breve per considerare la formazione come una spesa. Che quindi in quanto tale è improduttiva e da tagliare. Un concetto certo un po’ rozzo ma efficace per alimentare la demagogia dello Stato inefficiente, della spesa pubblica eccessiva, dei funzionari pubblici fannulloni. Un pensiero che però è “ignorante” nel senso stretto dell’ignorare. Perché la spesa in formazione e in ricerca ha un altro nome, e is called investment. Even then one pulls out money from your wallet, but knowing they'll be back in a mean time - short, in greater quantities. As amply shown by the richer countries, where there is enhanced by saving on costs of education, but rather by increasing investment in training and research. Investments in which, on the other, Italy is already sufficiently back, without further fury, as we are of the worst among OECD countries in spending on education . Data that confirm a sad sad tendency in the country, a myopia that is the result of senility of an entire ruling class, who for twenty years pensa egoisticamente al proprio tornaconto sacrificando giovani e futuro.
Ma c’è anche un pensiero unico globale sulla formazione che si dovrebbe contrastare. Ed che potremmo chiamare il riduzionismo economicista della formazione. Un pensiero che stabilisce come finalità ultima   dell’istruzione l’aumento del profitto, individuale e collettivo. Che valuta in termini di crescita del PIL l’efficacia di un sistema scolastico e di ricerca: buono se fa crescere la ricchezza del paese, da riformare se manca quest’obiettivo. Un pensiero che sembra imporsi con una certa naturalezza nella destra italiana, ma che sorprendentemente si fa spazio anche nella cultura di sinistra. Rispetto a questo pensiero, si dovrebbe ribadire che l’istruzione è un fine in sé. Che non ha bisogno di altro, per giustificarsi. Che l’istruzione e il sapere sono valori in quanto tali e il loro prodotto è senza prezzo: l’uomo libero e consapevole. Dovremmo dire con forza che abbiamo bisogno di più investimenti in formazione perché abbiamo bisogno di cittadini consapevoli e culturalmente preparati per poter vivere meglio insieme. Che ci serve istruzione perché senza di essa non c’è democrazia ma solo populismo. Che lo Stato ha il dovere di spendere nella cultura perché significa investire nei suoi cittadini e accrescere la loro libertà di pensare e la capacità di dubitare, which are objectives of democracy. We have to say that culture is, even the most economically unproductive, to produce sensitivity and tolerance and respect. That serve the story and also the theater and philosophy, because understanding who we are and what we have been priceless. Here, the point is this: that culture is priceless. For everything else there's the money.

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